Il focolaio lucchese fu prontamente circoscritto, i pazienti sottoposti alle cure necessarie ed oggi stanno tutti bene. Il responsabile patogeno dell’intossicazione fu individuato dai laboratori pisani dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, nelle salsicce di cinghiale che la comitiva aveva consumato dopo averle insaccate a seguito di una battuta di caccia. Le larve del parassita, infatti, in Italia sono state individuate nella carne suina (maiale o cinghiale), equina e più raramente di carnivori selvatici (volpe). Il periodo di incubazione è generalmente di circa 8-15 giorni, ma può scendere a 5 o salire a 45 giorni a seconda del numero di parassiti ingeriti. La trasmissione non avviene da persona a persona. Era da 20 anni che in Toscana non si registrava un caso di trichinellosi mentre l’ultimo in Italia risaliva al 2011 in Sardegna.

Poco dopo un caso analogo fu registrato vicino a Orbetello, in provincia di Grosseto: gli specialisti del settore sicurezza alimentare della Asl 9, in uno dei controlli di routine effettuati nei centri di lavorazione della selvaggina cacciata, prelevarono un campione di Trichinella in un cinghiale abbattuto, fortunatamente senza che vi fossero contaminazioni.

I due episodi indussero comunque la Regione a dare un giro di vite ai controlli utili a cercare questi parassiti negli ungulati selvatici che risultano essere il veicolo principali di diffusione della Trichinella. La delibera 910 del novembre scorso affida ai servizi sicurezza alimentare delle Asl il compito di estendere la ricerca di quel parassita a tutti i suini macellati a domicilio e ai selvatici rinvenuti morti. In particolare si ritiene che vadano tenuti sotto controllo volpi, lupi, tassi, faine e donnole che potenzialmente rappresentano un serbatoio del nematode. È stato inoltre deciso un incremento del 1.000% dei controlli a campione sugli ungulati selvatici cacciati: dai 2 animali per squadra di prima ai 20.

Il controllo da parte dei tecnici della Asl sugli 844 cinghiali abbattuti in provincia di Firenze è stato facilitato dalla collaborazione delle squadre di cacciatori, tenute a farlo ma sollecite nel far pervenire i reperti di carne analizzabili. Le analisi fatte consentono anche un monitoraggio e una mappatura del territorio da utilizzare in caso di positività.

La raccomandazione è ovviamente quella di appurare che salsicce crude e salumi stagionati di suino o cinghiale derivino da animali prima sottoposti all’esame per la ricerca di Trichinella, soprattutto nel caso di produzioni artigianali o ancor più realizzate “in casa”. In ogni caso per evitare la malattia è indispensabile cucinare le carni di suino o cinghiale avendo cura che la temperatura interna raggiunga i 71°C (completa cottura al cuore del prodotto) non fidandosi perciò della cottura nel forno a microonde, o della sola affumicatura, salatura e essiccamento.

Asl 10 Firenze

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