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Ho voluto, inoltre, ricordare il danno in termini sociali che questa norma potrebbe recare in un periodo, la stagione estiva, spesso dedicato al rafforzamento dei legami familiari attraverso la condivisione di attività ludiche come la pesca sportiva.

A riguardo, abbiamo rilevato, in termini positivi, la modifica apportata al testo all’art. 12 comma 3, che esenta dal pagamento del contributo annuale i minori di 16 anni e i soggetti di età superiore a 65, così come abbiamo gradito l’introduzione, al comma 4, di una quota del 20 per cento dei proventi derivanti dal pagamento del contributo da destinare alla promozione della pesca sportiva.

Quello che riteniamo inaccettabile è il ruolo di unico “pagatore”, al quale viene relegato il pescatore sportivo, sul quale pesa l’intera quota del contributo destinato, in larga parte, al sostegno della pesca professionale.

Comprendiamo perfettamente che i pescatori professionali debbano avere la precedenza su chi approccia la pesca per motivi ludici, ma non capiamo per quale motivo i secondi debbano contribuire a mantenere i primi, visto che il comparto sportivo produce altrettanta economia, attraverso le aziende produttrici di articoli sportivi e le attività commerciali che li distribuiscono. Inoltre troviamo quanto meno bizzarro che nelle commissioni istituite dal testo unificato, articolo 11, non sia prevista la rappresentanza dei pescatori sportivi mentre a quelli professionali vengono offerti ruoli seppur consultivi.

In particolare troviamo incredibile che nelle commissioni delle aree protette, dove la pesca professionale è vietata, al contrario di quella sportiva, sia prevista la presenza dei rappresentati della prima e l’assenza dei delegati della seconda.

Un altro argomento che meriterebbe un maggiore approfondimento è quello relativo alla vigilanza. Il rilascio di una licenza deve necessariamente essere verificato da funzionari di organi preposti. Ciò vuol dire distrarre risorse umane da altre attività, oppure creare nuove figure con relativi costi aggiuntivi. Il testo a tale riguardo prevede una quota del 30 per cento del contributo da destinare allo scopo, ma è lecito domandarsi se il gioco vale la candela, perché le quote di contributo previste per i pescatori sportivi dovrebbero attestarsi, secondo le indicazioni della Commissione, tra i dieci e i venti euro. Questo vuol dire che gli organi preposti dovrebbero trarre beneficio da una minima quota di contributo per dedicarsi ad una nuova attività di controllo.

Un’ultima considerazione: il testo unificato non fa nessun riferimento al ripristino ambientale e/o a progetti ed iniziative dedicati alla conservazione delle aree marine costiere e della fauna ittica che le popola. Ho chiesto alla Commissione quanto fosse lecito chiedere un contributo in cambio di nulla senza avere risposta.

A fronte di quanto detto, l’Enalpesca ha chiesto la revisione del testo unificato e che vengano esonerati, i pescatori sportivi, dal versamento del contributo previsto perché riteniamo che il danno economico possa essere maggiore dei vantaggi e che questi ultimi siano limitati ad una categoria, quella dei pescatori professionali, che già riceve vantaggi e contributi dallo Stato e dall’Europa. Il mondo della pesca sportiva che produce economia e lavoro non può essere ulteriormente gravato da balzelli che mettono a rischio un comparto già in crisi, a sostegno di singole categorie ampiamente protette.

Giacomo Cretti
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